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La rivista online di Legacoop Liguria
Ed. Novembre 2018

Autonomia o subordinazione: come distinguerli

La Corte di Cassazione, con la sentenza 15.10.2018, n. 25711, è ritornata sul tema degli elementi che permettono di distinguere il rapporto di lavoro autonomo da quello subordinato.

 

Ribadendo alcuni principi stabiliti da precedenti pronunce, la Suprema Corte ha stabilito che “ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari”.

 

In sostanza, gli indizi, presi singolarmente, non hanno un valore decisivo, ma valutati complessivamente possono rilevarsi decisivi ai fini probatori, per dimostrare la subordinazione, e tra gli indizi vengono indicati:  il tipo di collaborazione, la continuità delle prestazioni, l’osservanza di un orario determinato, il versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, il coordinamento dell’attività lavorativa, l’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro e l’assenza, in capo al lavoratore, di una sia pur minima struttura imprenditoriale.


La formale qualificazione che le parti hanno voluto dare al contratto individuale non può escludere l’accertamento dei comportamenti effettivamente tenuti nell’attuazione del rapporto di lavoro: “il nome” che la parti hanno attribuito al rapporto, “sfornito di un valore assoluto e dirimente”, va tenuto in considerazione come “elemento sussidiario” in tutti quei casi nei quali non è agevole tracciare, all’interno del rapporto di lavoro, il confine tra la subordinazione e l’autonomia.