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La rivista online di Legacoop Liguria
Ed. Maggio 2018

Intermittente: gli errori che portano al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato

Con questo titolo è stato pubblicato un interessante approfondimento di Eufrasio Massi.

 

Lo studioso ricostruisce le caratteristiche del lavoro intermittente (detto anche “a chiamata”) alla luce dell’attuale quadro normativo, in particolare dopo la fine del lavoro accessorio, decretata dal D.L. n. 25/2017 e la scarsità del ricorso alle prestazioni occasionali ex art. 54-bis della legge n. 96/2017.

 

In effetti, ad oggi il ricorso al lavoro intermittente, peraltro, in assenza della regolamentazione collettiva (anche di secondo livello) postulata dall’art. 13 del D.L.vo n. 81/2015, presenta una capacità di espansione  limitata: il Legislatore ha rinviato infatti ad un nuovo D.M. del Ministro del Lavoro la possibilità di aggiornare le c.d. “ipotesi provvisorie” ma a ciò non si è fin qui ottemperato.

 

Il ricorso al lavoro intermittente, sia nella versione a termine che in quella a tempo indeterminato, può quindi esporre il datore di lavoro al rischio di vedersi riqualificato il rapporto di lavoro in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (anche parziale) per aver contravvenuto non soltanto agli espliciti divieti previsti dall’art. 14 del D.L.vo n. 81/2015, ma anche per aver utilizzato i lavoratori in attività non comprese tra quelle indicate dal R.D. n. 2657/1923, anche come interpretate da interpelli ministeriali, o per aver superato il limite delle 400 giornate in un triennio (con esclusione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo).

 

Su questi aspetti, partendo dalle indicazioni fornite dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota n. 49 del 15 marzo 2018, si intrattiene l’Autore del commento offrendo un utile quadro orientativo.