info legacoop liguria

info legacoop liguria
logo info legacoop liguria
news sito aggiornato a Dicembre 2023
La rivista online di Legacoop Liguria
Ed. Maggio 2016

La canzone di Carla

Bionda, appariscente, bella e prepotente: difficilmente, dietro la descrizione tratteggiata dal giudice della Corte costituzionale Filippo Carpi de Resmini, si può riconoscere quella anomala figura di first lady rimasta silente nell’ombra del Presidente più amato dagli italiani. Ma così (tranne che bionda) doveva apparire a Sandro Pertini quando, lei appena ventenne e lui reduce da altrettanti anni di prigionia, i due si conobbero a Torino in piena guerra, dopo l’avventuroso passaggio delle Alpi compiuto dall’illustre antifascista per raggiungere la zona operativa.

 

Nata nel capoluogo piemontese il 14 giugno 1921, Carla Voltolina era allora già nelle fila partigiane, avendo operato nelle brigate «Matteotti» prima in Piemonte, poi nelle Marche, dove era scampata fortunosamente alla morte dopo l’arresto da parte delle SS; quindi a Roma con Eugenio Colorni e in Lombardia, sino alla missione che le avrebbe cambiato la vita: scortare dalla montagna sino a Milano quel coraggioso socialista, già protagonista della fuga di Turati in Francia, vittima di sei condanne inflitte dal Tribunale fascista per la difesa dello stato, minato nel fisico da anni di internamento nelle carceri di mezza penisola ma irriducibile nel disegno di raggiungere, dal Sud liberato, il Nord Italia passando per il Monte Bianco.

 

A Milano Pertini sarebbe stato protagonista nei giorni della Liberazione e, successivamente, nel compito di riorganizzare le fila del Partito socialista e di uno dei suoi storici quotidiani, quel «Lavoro nuovo» di Genova che lo avrebbe visto direttore e che avrebbe ospitato anche gli articoli della Voltolina (sotto lo pseudonimo di Carla Barberis, dal cognome della madre), già redattrice di «Noi Donne» e in seguito giornalista parlamentare.

 

L’attenzione verso le questioni sociali, in particolare le condizioni dei carcerati, degli anziani, degli ultimi, ne catalizzò per anni l’attività giornalistica, sino a pubblicare con Lina Merlin il libro Lettera dalla case chiuse (ed. Avanti!, 1955), che squarciò il velo sulle case di tolleranza chiuse poi per legge della coautrice nel 1958. Cause che perseguì anche fuori dall’attività pubblicistica, operando a lungo come psicologa e psicoterapeuta nella capitale e, durante il settennato, a Firenze per prendere ancora più distanza dal Quirinale e dal suo cerimoniale che, per indole e per scelta, mal si attagliava a entrambi i coniugi. Sandro la sposò civilmente l’8 giugno 1946, una manciata di giorni dopo il referendum istituzionale che per la prima volta aveva concesso il diritto di voto alle donne, e con lei affrontò e condivise le tensioni e le scelte politiche del dopoguerra.

 

Come il marito, Carla aveva visto il proprio cursus studiorum interrotto da un conflitto, nel suo caso la seconda guerra mondiale, mentre il marito, di venticinque anni più giovane, aveva conosciuto entrambe; iscritta alla Bocconi riprese gli studi a guerra terminata, lasciando Economia e dedicandosi alla passione verso le scienze sociali, laureandosi nel 1972 al «Cesare Alfieri» di Firenze, dove Sandro aveva discusso quasi mezzo secolo prima la sua tesi sulla cooperazione, e specializzandosi quindi in Psicologia a Torino.

 

La fotografia che la ritrae in copertina al volume a lei dedicato e promosso dalla Fondazione «Sandro Pertini» ne riassume in uno scatto i tratti salienti, il riserbo e l’audacia che l’avevano condotta da studente a distinguersi nella primavera 1944 negli scioperi e nelle manifestazioni milanesi: una militanza che andò ben oltre i compiti tipici della staffetta, emblema di quella consistente presenza femminile nella Resistenza che, come illustrato dai contributi del curatore Stefano Rolando e di Roberto Cenati, prefigurava il ruolo attivo in seguito assolto dalle donne nella politica e nella società repubblicane.

 

Un ruolo che Carla, assai restia alla pur sobria mondanità politico-istituzionale del tempo, interpretò con discrezione e nello stesso tempo, come sottolinea nella prefazione Giuliano Pisapia, con alto senso dello Stato. Elemento, questo, racchiuso nella sua volontà di rimanere sempre a fianco del marito; ma nell’ombra, sicuramente per indole naturale, per educazione ricevuta, per senso di militanza e sensibilità politica. Ma non si può che apprezzare tale riservatezza, specie se ricondotta alla natura di quella presidenza, la più delicata della storia della Repubblica. Sandro Pertini salì al Quirinale pochi mesi dopo il rapimento di Aldo Moro e le dimissioni del presidente Giovanni Leone (travolto dallo scandalo Lockheed) e il suo mandato fu inevitabilmente segnato dalla necessità di ricucire lo strappo creatosi tra istituzioni e società civile, dopo lo scandalo della loggia massonica P2, il dilagare dell’emergenza terroristica e mafiosa, le impunite stragi di marca neofascista.

 

In tale plumbeo contesto la moglie del presidente si limitò a osservare il Colle da lontano, dalla finestra del modesto appartamento di piazza Fontana di Trevi concesso dal Comune di Roma, alternando l’attività lavorativa alla famiglia: ai nipoti, alle sorelle e soprattutto al fratello Umberto Voltolina, attuale presidente della Fondazione «Sandro Pertini» di Firenze, da lei fortemente voluta negli ultimi anni di vita per perpetuare la memoria del marito, scomparso nel febbraio 1990 e le cui ceneri riposano, al suo fianco, al cimitero di Stella.

 

Sebastiano Tringali

 

Io amavo il mare, lui la montagna: ritratto di Carla Voltolina Pertini, a cura di Stefano Rolando, prefazione di Giuliano Pisapia, Arcipelago Edizioni, Novara 2015, 172 pp.