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La rivista online di Legacoop Liguria
Ed. Dicembre 2018

Terzo Settore e impresa sociale: le attività di interesse generale

Il dottor Gianni Mario Colombo, coordinatore e autore della rivista "Cooperative e enti non profit", in un suo recente intervento ha messo a confronto le attività di interesse generale previste nel Codice del Terzo Settore (art. 5 D.Lgs. 117/2017) con quelle dell'impresa sociale (art. 2 D.Lgs. 112/2017).


Si tratta di attività per la gran parte comuni, fatta eccezione per il microcredito (impresa sociale - IS) e per altre attività di carattere umanitario (beneficenza, tutela dei diritti, ecc.) tipiche degli enti benefici (Terzo Settore - ETS) e, considerando che sia gli ETS sia le IS appartengono al Terzo Settore, ad avviso di Colombo, la logica sottostante è quella di prevedere, a seconda delle situazioni, la “migrazione” di un ente in un'altra sezione del Registro, se vi sono i requisiti (art. 50, c. 3 D.Lgs. 117/2017).

 

Questo fenomeno potrà accadere, per esempio, nel momento in cui un ente (ETS) che prima esercitava le proprie attività non in forma di impresa ora le eserciti in forma imprenditoriale (diventando IS), magari quando  l'ETS non commerciale veda incrementarsi i ricavi di natura commerciale e quindi scelga di qualificarsi come impresa sociale (sempre che ne abbia i requisiti), iscrivendosi nella apposita sezione del RUNTS.


Per le imprese sociali, oltre a quelle indicate dall’ art. 2 D.Lgs. 112/2017, si considera comunque di interesse generale, indipendentemente dal suo oggetto, l'attività d'impresa nella quale siano occupati in una misura non inferiore al 30% dei lavoratori totali qualcuna tra le seguenti categorie di addetti: lavoratori molto svantaggiati (art. 2, n. 99 del Regolamento UE 651/2014); persone svantaggiate o con disabilità (art. 112, c. 2 D.Lgs. 18.04.2016, n. 50), persone beneficiarie di protezione internazionale (D.Lgs. 19.11.2007, n. 251) e persone senza fissa dimora iscritte nel registro di cui all'art. 2, c. 4 legge 24.12.1954, n. 1228 (si ricordi che, il D.Lgs. 95/2018, correttivo al D.Lgs. 112/2017, ha chiarito che, per le imprese di inserimento lavorativo, ai fini del computo della quota di lavoratori “molto svantaggiati”, questi soggetti si considerano molto svantaggiati solo per i primi 24 mesi dall'assunzione, decorsi i quali non possono rientrare nella percentuale (30%), prevista dall'art. 2, c. 5 D.Lgs. 112/2017, affinché l'attività possa dirsi di interesse generale).


Naturalmente, ricorda il dottor Colombo, “niente impedisce in linea di principio che un'impresa sociale possa assumere entrambe le finalità, cioè quella di inserire al lavoro le persone di cui all'art. 2, c. 4, in una o più attività di impresa di cui all'art. 2, c. 1”; in ogni caso, viene ancora ricordato, l'attività d'impresa di interesse generale in uno o più dei predetti settori o con le predette caratteristiche, deve essere svolta in via stabile (vedi art. 2082 C.C.) e principale (attività produttiva di almeno il 70% dei ricavi complessivi), come condizione preliminare per potere fare la scelta dell'impresa sociale (vedi art. 1, c. 1 D. Lgs. 112/2017).