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La rivista online di Legacoop Liguria
Ed. Febbraio 2016

Persone speciali per imprese speciali

Le grandi questioni che animano sovente il dibattito sulla cooperazione (il rapporto tra impresa e soci, i modelli di governance, il peso delle ideologie, la ridefinizione del proprio patrimonio valoriale, gli obiettivi economici a lungo termine), altro non sono che la riproposizione nel mutato contesto di problematiche di antica data, familiari alle dirigenze quanto allo studioso di temi economici e sociali. Basti solo riandare alla dialettica tra vere e false cooperative, che ne accompagna la storia dai tempi di Ugo Rabbeno e che ha occupato parte dell’attività della centrale nazionale di rappresentanza negli ultimi mesi. Tali temi, cui si possono aggiungere quelli più teorici, che rimandano alla natura stessa di questa impresa speciale e al particolare contributo da questa conferito alla cultura economica e imprenditoriale, sono oggetto di una attenta e vasta bibliografia specialistica, spesso tuttavia dispersa tra varie fonti di non semplice reperibilità nonostante l’assidua e meritoria azione di studio, raccolta e divulgazione operata dai rari centri italiani di documentazione sull’economia sociale e l’interesse di alcuni istituti di ricerca, case editrici e università nazionali.

 

Meritoria quindi la pubblicazione per Rubbettino di questa opera di sintesi, a un tempo dei nodi interpretativi più importanti e dell’opera stessa dello studioso bolognese Tito Menzani, storico dell’età contemporanea e docente a contratto di storia economica e storia dell’impresa all’università felsinea, che al movimento cooperativo ha dedicata gran parte della propria ventennale produzione storiografica. Tra i suoi molti pregi, il libro di Menzani ha quello di affrontare con pacata chiarezza le principali questioni e gli snodi della lunga storia associativa, saldamente padroneggiata e abilmente piegata agli obiettivi impliciti o dichiarati del presente volume, che traguarda il passato per interrogarsi sul presente e al futuro della cooperazione.

 

Non si tratta quindi, per Cooperative: persone oltre che imprese, né di una storia del movimento cooperativo né di un’antologia di scritti, bensì di una oculata rielaborazione di temi che, sulla scia degli insegnamenti di Vera e Stefano Zamagni, di Patrizia Battilani (autrice di una stimolante prefazione) e di un costante dialogo con i centri di ricerca italiani, dalla Fondazione Barberini e dal Centro italiano di documentazione di Bologna a Memorie Cooperative, offre un sintetico strumento di comprensione di un’impresa per molti versi di difficile classificazione e inquadramento, sin dai suoi esordi ottocenteschi. Disciplina di cui sono ben note le insidie interpretative e la pluralità di approcci, le ardue periodizzazioni e le specificità locali, ma qui affrontata senza che mai venga meno il rigore scientifico di un’opera di cui si apprezza la forma snella che, pur sacrificando in nome della maggiore fruibilità il rigoroso impianto di note solitamente proprio all’autore, dà conto in bibliografia di una ragionata scelta di volumi per un approfondimento multilivello.

 

Le tre sezioni in cui è articolato il volume corrispondono ad altrettante prospettive dalle quali affrontare la distintività e le peculiarità della cooperazione: in relazione al proprio patrimonio valoriale (comprensivo delle diverse sensibilità culturali, nodo su cui non a caso l’autore apre un volume uscito a ridosso della nascita dell’Alleanza cooperativa italiana); affrontandone la natura primaria di impresa di persone, a sua volta inserita in network orizzontali e verticali nella cui declinazione semantica di alleanze, leghe e consorzi leggiamo la ricca matrice della socialità delle origini; infine come sintesi e scioglimento di tali elementi nella comunità territoriale di riferimento e nei suoi principali attori sociali. Tale tripartizione di approccio, se da un lato consente di focalizzare l’attenzione su temi di assoluto rilievo (si pensi solo alla sfera etica, in assenza della quale «la cooperazione è destinata a diventare un’organizzazione spuria e interprete di una deriva socio-economica in termini di peso nella società»), appare estremamente funzionale a leggere la storia cooperativa italiana e europea in chiave innovativa, in un costante dialogo tra esperienza trascorsa e sfide del presente, allungando lo sguardo alle declinazioni futuribili del movimento.

 

Strumentalmente, a costo di distorcerne e dilatarne finalità e obiettivi, il libro può anche essere considerato alla stregua di compendio, utile a argomentare e respingere criticamente i luoghi comuni e gli attacchi indiscriminati al movimento, spesso basati su pregiudizi di lunga durata e periodicamente ricorrenti a discapito dell’immagine complessiva di un corpo imprenditoriale radicato in profondità nel tessuto economico e sociale nazionale, benché esposto più di altri ai colpi di maglio della propaganda avversa a causa di scelte e comportamenti individuali dissennati. Elementi che hanno contribuito a far precipitare negli ultimi anni la fiducia del Paese in un sistema che nel suo complesso interessa più di 40mila imprese, con oltre 12 mln di soci e 1,2 mln di addetti, contribuenti dell’8% alla formazione del prodotto interno lordo, cifre su cui peraltro grava in senso peggiorativo il noto contesto di difformità nei dati di rilevazione.

 

Cadute e limiti che hanno contribuito a collocare in secondo piano i contemporanei e manifesti insuccessi dell’impresa tradizionale: le drammatiche delocalizzazioni produttive, i fallimenti e le cessioni eclatanti, le scelte scellerate a discapito dell’ambiente e della vivibilità, i crolli finanziari e e gli artifici speculativi, la collusione e l’azione di lobbying, il ripensamento peggiorativo delle relazioni industriali e degli strumenti di welfare. Tutti elementi profondamente connaturati a una parte dell’impresa tout-court (e benevolmente perdonati, in coerenza a una incondizionata adesione ai totem ultraliberistici), ma per lunghi decenni alieni a quella cooperativa, anche grazie agli anticorpi maturati nel fruttuoso interscambio ideale con le politiche democratiche e progressiste, delle cui degenerazioni ha essa in seguito condiviso i destini.

 

Tali aspetti rischiano di mettere in ombra i molti aspetti sociali, ma anche di modernità e innovazione di un’impresa che sin qui (pur in quadro storico generale di incertezze, sviluppo territoriale e dimensionale disomogeneo, divisioni ideologiche), ha dimostrato la propria forza nella pluralità dei campi di azione, nei volumi finanziari e nel numero degli occupati. Ma soprattutto nella capacità di adattamento e libertà continua di sperimentazione, che ne hanno fatto uno dei cardini e motori propulsivi di modelli originali di sharing economy: l’economia basata sullo scambio e l’interazione tra obiettivi di profitto, sostenibilità e aspirazioni di realizzazione comunitarie e personali, attualmente al centro dell’attenzione socioeconomica e del mercato, seppure in un contesto nazionale ancora minoritario rispetto al quadro europeo.

 

Anche in virtù del ruolo attivo che la cooperazione sta progressivamente acquisendo in vari campi – nelle politiche socio-sanitarie e di assistenza, nella valorizzazione del paesaggio e della fruizione culturale attraverso forme di cooperazione tra pubblico e privato sociale, nella rivitalizzazione e recupero di comunità locali, nell’attenzione alle pratiche innovative e alle startup – l’oggetto dell’attenzione dell’autore si sposta dall’impresa alle persone che la realizzano e che ne traggono benefici, attribuendo in questo quadro un forte peso al ricambio generazionale. Contributo, questo, che ha consentito al movimento cooperativo italiano di superare antiche tabe (tra cui il citato ruolo di cinghia di trasmissione con la politica) e vincere consolidati tabù, riattualizzando esigenze di antica data e sperimentando nuovi terreni su cui esplicare la propria azione a beneficio di soci e collettività: la promozione di cooperative di comunità per la rigenerazione e valorizzazione di territori abbandonati o in via di spoliazione sociale, le pratiche di sviluppo locale all’insegna della sostenibilità energetica e ambientale, la promozione di forme di autogestione produttiva e riscatto lavorativo, l’attenzione verso l’innovazione e il trasferimento tecnologico, la formazione e la didattica, le politiche di genere e di welfare aziendale.

 

La centralità, quindi, che Menzani assegna alla persona nella cooperazione del ventunesimo secolo rimanda alla natura primigenia dell’economia sociale: al saper rispondere con prontezza alle necessità della comunità di riferimento, la cui identità e appartenenza sociale è in continua evoluzione, ma le cui prospettive non sono sostanzialmente dissimili da quelle da cui mosse la mutualità delle origini, «quella semplice, ma non banale idea» che attraverso un meccanismo incentivante aveva delineato le finalità ultime di un modello imprenditoriale che nelle aspirazioni della persona, e non nella deificazione del mercato, individuava e ritrova ancora i propri presupposti valoriali.

di Sebastiano Tringali

 

Tito Menzani, Cooperative: persone oltre che imprese. Risultati di ricerca e spunti di riflessione sul movimento cooperativo, Rubettino Editore, Soveria Mannelli 2015, pp. 142, € 14,00.

 

Il volume sarà presentato a Genova da Ames nella prima settimana di aprile 2016. Info: [email protected]