Da più di un amministratore di cooperativa ci è stato posto, anche recentemente, il seguente quesito: per il socio lavoratore esiste una regola di indissolubilità tra rapporto lavorativo e rapporto associativo, per cui alla cessazione dell’uno consegue l’estinzione dell’altro?
La questione, come è evidente, attiene ai rapporti (associativo e di lavoro) che legano il socio alla cooperativa ed alle relazioni tra questi due tipi di rapporto.
Le più autorevoli indicazioni nella dottrina e nella giurisprudenza affermano quanto segue: poiché lo scopo del rapporto associativo viene perseguito attraverso la prestazione di lavoro, gli effetti del rapporto societario si riverberano direttamente e necessariamente sul rapporto di lavoro e viceversa, rendendoli inscindibili, sicché le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro condizionandone validità ed efficacia.
Si è parlato di “un collegamento negoziale tipico nell’ambito del quale il rapporto di lavoro appare ancillare e inscindibilmente connesso al rapporto associativo”.
Questa tesi si fonda anche sul fatto che l’art. 1 della legge 142/2001 recita così: Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore (( . . . )) rapporto di lavoro.
Non è assolutamente casuale il fatto che sia stata soppressa la parola “distinto” che inizialmente compariva tra “ulteriore” e “rapporto”, anzi si è trattato di una modifica voluta dal legislatore (legge 30 del 14.02.2003) allo scopo esplicito di ribadire lo stretto nesso intercorrente nelle cooperative di lavoro tra l’essere socio e l’essere lavoratore.
Il secondo comma dell’art. 5 legge 142 inoltre recita testualmente così: Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l'esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile.
Nel frattempo è cambiata la numerazione dei succitati articoli del codice civile (divenuti articoli 2532 e 2533), ma il contenuto non è variato.
Un esempio fra tutti, in giurisprudenza: Tribunale Bari, sentenza 21.12.2004, con la quale, tra l’altro, è stato stabilito che “l’esclusione del socio lavoratore da una società cooperativa, incidendo sul rapporto associativo, costituisce un impedimento allo svolgimento della prestazione mutualistica, che automaticamente comporta la cessazione del rapporto di lavoro, al cui verificarsi, in deroga a quanto disposto dall’art. 40, co.3, ultima parte, Cpc, consegue la devoluzione dell’intera controversia alla cognizione del tribunale ordinario, dovendo considerarsi prevalenti gli aspetti associativi sui profili lavoristici inscindibilmente connessi”.
Più recentemente, la massima Corte ha stabilito che “v’è un rapporto di consequenzialità fra il recesso o l’esclusione del socio e l’estinzione del rapporto di lavoro, che esclude la necessità, in presenza di comportamenti che ledono il contratto sociale oltre che il rapporto di lavoro, di un distinto atto di licenziamento, così come l’applicabilità delle garanzie procedurali connesse all’irrogazione di quest’ultimo” (Cass. 5/7/2011 n. 14741).
Meno scontata è la soluzione rispetto alla fattispecie inversa, cioè alla sorte del rapporto associativo a fronte della cessazione del rapporto di lavoro.
C’è chi ha sostenuto, ad esempio, che in caso di cessazione del rapporto di lavoro per fine appalto o per riduzione di attività il socio licenziato “per quanto libero di recedere dal rapporto societario per recuperare la quota versata, ben potrebbe preferire di rimanere legato al’impresa, nell’auspicio di reperire in breve una diversa collocazione professionale e, quindi, di stipulare un ulteriore contratto di lavoro”.
Secondo questa teoria, lungi dall’avere effetti sul vincolo societario, in carenza di un’apposita esclusione, non sempre il licenziamento si può accompagnare all’automatico venir meno del rapporto sociale.
Tuttavia, anche se in questo caso mancano espressi e indiscutibili riferimenti normativi, il “collegamento negoziale” tra i due rapporti in linea di principio è biunivoco e reciprocamente applicabile.
E’ vero che all’art. 1, comma 3, l. n. 142/2001 si evince chiaramente che il rapporto sociale può sussistere, quanto meno per un certo periodo, anche in mancanza di un rapporto di lavoro, ma tale previsione è altrettanto chiaramente immaginata per quei soci che sono “lavoratori in potenza”, cioè ammessi in vista del successivo avvio del rapporto lavorativo.
Ad ogni modo, resta ferma per la cooperativa, nell’ambito dell’autonomia statutaria, la possibilità di prevedere espressamente nell’atto costitutivo che allo scioglimento del rapporto lavorativo si accompagni il venir meno del rapporto associativo, clausola preferibilmente ripresa e dettagliata anche in sede di Regolamento interno.
Come sempre, in conclusione, nel caso specifico di ogni singola cooperativa occorre in primo luogo fare ricorso a quanto stabiliscono lo statuto ed i regolamenti vigenti e, se necessario, adeguarli: l’autonomia statutaria e regolamentare della società cooperativa consente di disciplinare in modo certo e preciso molti aspetti della vita sociale, ed è esercitabile ampiamente, con il solo limite di non agire contra legem.