E’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2015 la Legge 27 maggio 2015, n. 69, recante “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”.
Il provvedimento, composto di 12 articoli, si suddivide in due parti: la prima riguarda, in particolare, i reati contro la Pubblica Amministrazione (Capo I, artt. da 1 a 8); la seconda parte ha per oggetto i delitti di false comunicazioni sociali (Capo II, artt. da 9 a 12).
Il falso in bilancio ritorna ad essere un reato che può essere contestato a tutte le società: vengono sostituiti gli articoli 2621 e 2622 del Codice civile e al contempo vengono introdotti due nuovi articoli: l’articolo 2621-bis (Fatti di lieve entità) e 2621-ter (Non punibilità per particolare tenuità).
La reclusione per le società quotate va da 3 a 8 anni (oggi è fra i 6 mesi e i 3 anni), mentre per le società non quotate va da 1 a 5 anni (oggi la pena è l'arresto fino a due anni).
Apportate modifiche anche all’art. 25-ter (Reati societari) del D.Lgs. n. 231/2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300), in particolare alle disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai reati societari.
Inasprite le sanzioni amministrative a carico delle società:
a) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2621 del Codice civile: sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote (in precedenza era da cento a centocinquanta quote);
b) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2621-bis del codice civile: sanzione pecuniaria da cento a duecento quote (in precedenza non previsto);
c) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2622 del Codice civile: sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote (in precedenza era previsto da centocinquanta e trecentotrenta quote).
Un inasprimento di pena è previsto anche per i reati contro la P.A.; in particolare per il peculato (da 4 anni a 10 anni e 6 mesi), la corruzione propria (da 6 a 10 anni), la corruzione impropria (da 1 a 6 anni), l’induzione indebita (da 6 anni a 10 anni e 6 mesi) e la corruzione in atti giudiziari (da 6 a 12 anni, elevabili fino a 20 nei casi più gravi).
Uno sconto di pena, compreso tra un terzo e due terzi, è invece previsto per il ravvedimento operoso ovvero per chi si adoperi efficacemente per evitare ulteriori conseguenze del delitto, assicurare le prove o individuare i colpevoli oppure, ancora, collabori per il sequestro delle somme trasferite illecitamente.
Pene più gravi anche per i reati di mafia, con la reclusione da 10 a 15 anni per chi partecipa ad un’associazione mafiosa e da 12 a 18 anni per chi si occupa dell’organizzazione o della direzione.