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La rivista online di Legacoop Liguria
Ed. Marzo 2019

Nuove periferie, nuove diseguaglianze

Presentato a Scienze della Formazione il nuovo libro del sociologo Agostino Petrillo, secondo incontro pubblico del progetto di ricerca genovese sulle diseguaglianze

 

A cinque anni di distanza da Peripherein: pensare diversamente la periferia, il sociologo Agostino Petrillo ha pubblicato ora La periferia nuova: diseguaglianze, spazi, città, secondo volume di una ideale trilogia dedicata al tema vasto (sebbene ancora poco indagato per la scena italiana) delle periferie urbane nel mutato contesto produttivo, globalizzato e post-industriale.

 

Nel suo primo volume il docente di Sociologia Urbana al Politecnico di Milano aveva già sottolineato i limiti delle chiavi di lettura tradizionali sul tema periferie e dato atto della conclusione di alcuni processi di lungo periodo. Tra questi, il sostanziale fallimento di una idea di periferia felix, ossia la scelta elitaria di distanziamento spaziale dai centri urbani, sulla spinta delle possibilità offerte dall’innovazione tecnologica alla ricerca di uno stile di vita più conforme al proprio status, ed ora ripiegata su una nuova gentrification, motivata dalla riscoperta della centralità urbana delle relazioni da parte dei ceti e delle professioni più dinamiche. A fronte (e parzialmente in conseguenza) di questa nuova attrazione delle élite verso i centri antichi e nuovi (back to the city), le periferie nuove crescono dal punto di vista spaziale e demografico, mescolando i confini gerarchici della città moderna e dilatando le sue diseguaglianze e squilibri.

 

Ai vuoti generati dal pluridecennale processo di deindustrializzazione e terziarizzazione, inoltre, si sono aggiunti quelli venutisi a creare dall’insediamento di cluster settoriali, che hanno sottratto risorse produttive alle antiche periferie industriali, creando nuovi squilibri tra i territori non in grado di adattarsi alle rapide ondate di innovazione e i nuovi centri di polarizzazione, meglio connessi con i sistemi economici regionali non solo dal punto di vista infrastrutturale.

 

Nelle periferie interne, meno evidenti e più sornione nel loro essere gravide di potenziali e ancora indistinte criticità, osserviamo il complesso intreccio di condizioni di difficoltà e marginalità sociale che spazialmente si spingono oltre i confini visibili della periferia tradizionale, frammentandosi in luoghi che non hanno perduto la loro consolidata centralità nel tessuto urbano.

 

Varie dinamiche economiche e demografiche supportano l’idea di periferia nuova suggerita dall’autore come cifra di interstizi urbani fragili e privi di identità, se non di quella - ormai profonda e radicata da parte degli abitanti - dell’appartenenza a una condizione di isolamento, destinata a rimanere tale nel disinteresse generale e nella programmazione dei decisori.

 

Nella sua drammaticità, il caso genovese post crollo del viadotto Morandi pone quesiti anche sulla estrema mobilità di tali cesure invisibili, che si sovrappongono ai confini della zonizzazione imposta dall’emergenza: la scala gerarchica cromatica prevalente (zone rosse, arancioni) non corrisponde alla geografia complessa delle diseguaglianze orizzontali formatesi nelle condizioni abitative, nell’accesso alla formazione, nella mobilità sociale, nelle prospettive di occupazione e reddito, nelle discriminazioni di genere, età ed etnia della “città di periferie” (Petrillo).

 

Il collasso di una infrastruttura fondamentale ha anzi evidenziato come la distanza spaziale da beni e servizi – prerogativa della marginalizzazione delle aree interne regionali – si possa replicare nella struttura urbana, portando con sé inediti scenari di segregazione e cancellazione di intere porzioni di tessuto commerciale, di reti associazionistiche, di vita sociale strutturata, con evidenti benché ancora non misurabili ricadute in termine di aumento delle diseguaglianze e impoverimento complessivo di porzioni ben più vaste della città. Sino alla generazione di una periferizzazione della città intera, a rischio concreto di isolamento dalle direttrici dello sviluppo, economico e sociale.

 

La rapidità con cui tali mutamenti avvengono rende pressante l’urgenza di riconsiderare in maniera radicale gli indicatori di tipo statistico, demografico e la stessa periodizzazione del processo di periferizzazione interna, operazione che chiama le scienze sociali nel loro complesso a interrogarsi in direzione di una definizione sempre più accurata dei confini, delle relazioni e della natura di un processo eterogeneo in costante mutamento e in crescita all’interno delle nostre metropoli. Non trascurando l’intelligenza delle periferie, le strategie di resilienza e il patrimonio di saperi e relazioni che, talvolta, riescono a innescare meccanismi partecipativi vincenti e scalabili, come l’esperienza del CEP di Genova Prà cui l’autore dedica un illuminante capitolo.

 

Studiare la natura di questa periferia interstiziale, causa di crescita di povertà e diseguaglianze, è l’invito che il lavoro di ricerca e analisi condotto dall’Osservatorio delle Diseguaglianze del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Genova (Di.S.For.) in collaborazione con i centri studi “Genova che Osa” e “CSC Liguria” sta tentando di cogliere attraverso l’applicazione di più affinati strumenti qualitativi e quantitativi alla città in trasformazione, frutto di un processo di ascolto e confronto con enti locali, associazioni di categoria, abitanti, operatori sociali, volontariato e mondo della ricerca (Sebastiano Tringali). 

 

Agostino Petrillo, La periferia nuova. Diseguaglianze, spazi, città. Milano: FrancoAngeli 2017