Chi come me non è più giovanissimo (ahimè) si ricorda senza dubbio di un gruppo musicale italiano che si chiamava Equipe 84, costituitosi a Modena nel lontano 1962 e che negli anni successivi era riuscito ad approdare al successo discografico grazie ad alcuni pezzi “beat” fra cui “Tutta mia la città”. Ora, dopo tanti anni, il numero “84” non ci riporta più alle scanzonate melodie della gioventù, ma ad una disposizione fiscale famigerata, appunto l’articolo 84 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sul Reddito) che regola il riporto delle perdite fiscali per i contribuenti soggetti alla disciplina dell’IRES.
Dal punto di vista civilistico la perdita deriva dal riscontro che nell’esercizio di riferimento i costi sono stati quantitativamente maggiori dei ricavi e, di conseguenza, hanno generato un disavanzo gestionale. Il codice civile prevede alcune importanti disposizioni in materia di società di capitali, in particolare gli articoli 2446 e seguenti, che regolano le situazioni che si possono presentare allorché l’ammontare delle eventuali perdite conseguite possa pregiudicare il valore del capitale sociale. In generale, quando risulta che il capitale sociale è diminuito di oltre un terzo in ragione di perdite, gli amministratori devono senza indugio convocare i soci in assemblea per assumere gli opportuni provvedimenti. Se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea dei soci che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale sociale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio.
Tale disposizione si disquisisce se sia applicabile anche alle società cooperative in ragione della variabilità del loro capitale sociale; difatti il legislatore civile non ha previsto per le società cooperative un valore minimo del capitale sociale come nelle altre società di capitali (spa ed srl). Diverso è invece il discorso allorquando la perdita riscontrata sia di entità tale da intaccare integralmente il capitale sociale; qui sovviene l’articolo 2545-duodecies del codice civile che in tali casi prevede che l’azzeramento del capitale sociale costituisce una clausola inderogabile di scioglimento della cooperativa.
In questo ultimo caso gli amministratori devono senza indugio convocare i soci in assemblea al fine di verificare la possibilità concreta di eleminare la causa di scioglimento mediante una ricapitalizzazione societaria. In caso negativo si aprono le porte alla liquidazione volontaria ovvero, in alternativa ed in situazioni di acclarata insolvenza, alla liquidazione coatta amministrativa.
Ciò comunque non toglie, a sommesso giudizio del sottoscritto, in presenza di perdite superiori al terzo del capitale sociale, ma comunque tali da non comportare l’azzeramento del capitale sociale, la pari necessità di convocare con urgenza i soci in assemblea al fine di rappresentare loro la situazione di criticità in cui la società si viene a trovare. Non si dimentichi, infatti, che la società cooperativa è uno strumento operativo a carattere democratico, e che i soci medesimi possono essere maggiormente interessati rispetto ai soci di una società di capitali non cooperativa ad essere informati ed a conoscere la sussistenza di perdite sociali, poiché i primi, in presenza di una società mal gestita, rischiano di perdere non solo il loro conferimento in denaro (spesso, peraltro, di importo non rilevante), ma anche e soprattutto la possibilità concreta di soddisfare i propri bisogni economici e di vita quotidiana (si pensi al rapporto di lavoro ovvero agli altri tipici scambi mutualistici).
Ritornando alla premessa di natura fiscale, e quindi al già citato articolo 84 del TUIR, va detto innanzi tutto che le perdite fiscali dei primi tre periodi di imposta possono essere computate in diminuzione dal reddito dei periodi d’imposta successivi senza alcun limite quantitativo temporale. Occorrerà comunque gestire le perdite nel modello Unico, che i primi tre esercizi decorrano dalla data della costituzione societaria e che le stesse si riferiscano ad un’attività produttiva o commerciale nuova. Diversamente, in riferimento alle perdite fiscali conseguite dopo i tre periodi d’imposta iniziali, le medesime possono essere computate in diminuzione dal reddito nei successivi periodi fiscali e senza alcun limite temporale, in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascun periodo d’imposta e per l’intero importo che trova capienza in tale ammontare.
Va comunque osservato che l’eventuale omessa compilazione del prospetto delle perdite fiscali (quadro RS) presente nel modello Unico non è una condizione necessaria per il riconoscimento del diritto al riporto delle perdite (per cui devono ritenersi illegittimi gli accertamenti eventualmente emessi con i quali vengano disconosciuti gli effetti fiscali derivanti dal riporto delle perdite per il solo fatto che il contribuente ha omesso la compilazione del quadro RS).
In caso di esercizi di durata inferiore all’anno (per esempio, nel caso di liquidazione) ogni singolo periodo di imposta rappresenta un esercizio a sé ed al termine della liquidazione le perdite eventualmente residue possono essere utilizzate in sede di conguaglio finale.
Con circolare ministeriale nr. 25 del 19.06.2012 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che in caso di coesistenza di perdite fiscali aventi diversa natura (perdite relative ai primi tre esercizi e perdite successive) si ha la facoltà e non l’obbligo di utilizzare prioritariamente le perdite relative ai primi tre periodi d’imposta.
La regola fiscale fin qui è abbastanza semplice. In relazione alle perdite dei primi tre esercizi il riporto è senza limiti, né quantitativi né temporali; per quelle generatesi negli esercizi successivi, a decorrere dal quarto, non vi sono limiti temporali, ma il riporto non è più pieno, bensì limitato all’ammontare dell’80% del reddito imponibile.
La regola contenuta nell’art. 84 del TUIR però si complica, e non poco, meritando appunto l’appellativo di “famigerata” di cui in premessa, in presenza di regimi di detassazione del reddito imponibile ovvero di regimi di vera e propria esenzione dell’utile di esercizio. Con particolare riferimento alle società cooperative, il comma 2° del predetto articolo 84 prevede che “ Per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile la perdita è riportabile per l’ammontare che eccede l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti”. A fronte di tale previsione normativa, introdotta dalla legge finanziaria per l’anno 2007 (legge 296/06), è stata individuata una nuova ipotesi di limitazione al riporto delle perdite fiscali in regime d’impresa per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell’utile: a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2006, la norma riconosce a tali soggetti la possibilità del riporto della perdita, ma solo nei limiti dell’ammontare della stessa che eccede l’utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti.
Tale nuova limitazione sembra essere stata pensata proprio per le cooperative: dal punto di vista operativo, dalle perdite fiscali dovranno essere sottratte le quote di utili netti che, nei precedenti esercizi, non hanno concorso in base all’art. 12, legge n. 904/1977 (o ad analoghe agevolazioni), alla formazione del reddito. In altre parole, occorrerà predisporre una sorta di “canestro” dove collocare la quota parte di utile che non ha concorso alla formazione del reddito imponibile; da detto canestro virtuale si dovrà poi via via attingere al verificarsi delle perdite fiscali per poter determinare la quota parte delle medesime riportabili nei periodi d’imposta successivi.
Si riporta un esempio esemplificativo, relativamente ad una cooperativa a mutualità prevalente che utilizza il regime di detassazione ai sensi dell’art. 12 legge 904/1977:
ESERCIZIO 2014: Utile netto 1.000, Riserva legale (30%) 300, Contributo 3% fondi mutualistici 30, Riserva indivisibile ex art. 12 legge n. 904/1977 (37%) 670. Quota comunque sottoposta a tassazione 43% di 1.000 = 430. Canestro (quota parte di utile che non ha concorso alla formazione del reddito imponibile) 57% di 1.000 = 570
ESERCIZIO 2015: Utile netto 500, Riserva legale (30%) 150, Contributo 3% fondi mutualistici 15, Riserva indivisibile ex art. 12 legge n. 904/1977 (37%) 335. Quota comunque sottoposta a tassazione 43% di 500 = 215. Quota parte di utile che non ha concorso alla formazione del reddito imponibile 57% di 500 = 285 Totale Canestro 570 + 285 = 855
ESERCIZIO 2016 Perdita fiscale 2.000: Perdita fiscale riportabile 2.000 – 855 = 1.145.
Si precisa, infine, che le cooperative agricole e della piccola pesca e le cooperative di produzione e lavoro che beneficiano di regimi di esenzione del reddito che non sono individuati da una percentuale fissa, ossia le agevolazioni di cui agli artt. 10 d.p.r. n. 601/1973 (cooperative agricole e cooperative della piccola pesca) ed art. 11, primo comma, primo periodo d.p.r. n. 601/1973 (cooperative di produzione e lavoro e cooperative sociali), non sono interessate dalle limitazioni al riporto delle perdite fiscali previste dall’art. 83 del TUIR.
a cura di Gioacchino Dell’Olio