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La rivista online di Legacoop Liguria
Ed. Dicembre 2014

Natura del ristorno e vincoli all'attribuzione ai soci

 

 

Con l'approssimarsi della fine dell'esercizio sociale per molte società cooperative torna forse utile fare un poco di conto e verificare, a meno che ciò non sia già stato effettuato periodicamente nel corso dell'anno (ipotesi non solo consigliata, ma auspicabile), quale sia stato, in questi  undici mesi ormai trascorsi, e quale sia in proiezione a fine anno, l'andamento economico aziendale.

 

Di questi tempi, con la crisi economica in atto che morde molti dei settori imprenditoriali, non sarà facile chiudere i conti con un avanzo della gestione significativo; ma, per coloro che hanno saputo e potuto porre in essere le strategie più opportune per arginare le difficoltà generali e settoriali, può presentarsi l'opportunità di approfondire la tematica del ristorno, ossia di uno degli strumenti più caratteristici della cooperazione e che permette, a determinate condizioni, di attribuire ai soci ed in termini economici, una parte del vantaggio mutualistico derivante dall'intensità, quanti-qualitativa, dei rapporti intrattenuti con la società cooperativa.

 

Il ristorno è regolato dal codice civile dall'articolo 2545-sexies che ha provveduto a riconoscere, a  seguito della riforma del diritto societario del 3 gennaio 2003, uno dei più tipici istituti remunerativi utilizzati nelle dinamiche virtuose delle società cooperative.

 

In termini sostanziali il ristorno corrisponde alla quota parte dell'avanzo complessivo della gestione (utile) che deriva dall'attività svolta con i soci, attribuito ai medesimi in proporzione alla qualità ed alla quantità degli scambi (rapporti) mutualistici intercorsi con la cooperativa nel corso dell'anno.

 

Un esempio pratico, può essere di aiuto nella comprensione dell'istituto e della sua dinamica operativa. Il socio di una cooperativa di consumo acquista i beni / i prodotti dalla cooperativa di cui è socio ad un prezzo che è uguale a quello che avrebbe dovuto corrispondere se avesse acquistato i medesimi beni / prodotti da un altro operatore economico. In seguito, la cooperativa restituisce allo stesso socio acquirente una parte di quel prezzo, in funzione del ricavo maturato su quella vendita e  fermo restando le esigenze di sviluppo e di autofinanziamento della cooperativa. Proprio in questo ultimo momento, con il rimborso di parte del prezzo prima pagato, si concretizza economicamente, per il socio aderente, il vantaggio mutualistico.

 

Mutatis mutandis, in riferimento ad una società cooperativa di produzione e lavoro, il ristorno avrà una valenza di integrazione della remunerazione salariale. 

 

Se, quindi, cerchiamo di sintetizzare dal punto di vista giuridico la dinamica virtuosa di cui prima, il ristorno può definirsi più correttamente quale la “ ... traduzione in termini monetari del vantaggio mutualistico” (F. Galgano) ovvero come “ … la remunerazione differita delle prestazioni attuative del rapporto mutualistico” (V. Buonocore).

 

Posto che l'attribuzione del ristorno inerisce direttamente lo scambio mutualistico e la sua intensità (ossia, la rilevanza quantitativa e qualitativa dell'attività che viene svolta nei confronti dei soci), il codice civile, al comma 2° del predetto articolo 2545-sexies, ha previsto espressamente la necessità di “ … riportare separatamente nel bilancio i dati relativi all'attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche”; precisando altresì, al comma 1°, che “ … l'atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici”.

 

 

Nella prassi gli statuti normalmente riportano un rinvio all'articolo 2545 - sexies, prevedendo che sia poi un regolamento attuativo (un regolamento interno) a disciplinare nel dettaglio le concrete modalità di determinazione del ristorno sociale, in funzione della differente tipologia di scambio mutualistico.

 

A prescindere dai singoli criteri posti negli statuti sociali ovvero, in maniera più dettagliata, nei vari regolamenti interni, sussistono delle vere e proprie precondizioni che limitano l'utilizzabilità delle politiche di ristorno.

 

In primis, non si può procedere ad attribuzione di ristorno ai soci se la società cooperativa non abbia conseguito un avanzo di gestione idoneo e sufficiente, valutato secondo corretti principi contabili. Non si può, infatti, procedere all'attribuzione del ristorno qualora l'avanzo della gestione manchi del tutto (cioè, quando la società cooperativa abbia chiuso in perdita), ovvero anche nel caso in cui, pur in presenza di un utile di bilancio, il medesimo sia di tale modesto importo che dopo l'attribuzione del ristorno la stessa società consegua una perdita di esercizio. In sostanza, si vuole significare che l'attribuzione del ristorno non può mai generare delle perdite. Un comportamento diverso, potrebbe essere censurato quale distribuzione indiretta di riserve e, di conseguenza, integrare una violazione grave dei principi mutualistici.

 

Se poi, prendiamo a riferimento la definizione formulata dall'Agenzia delle Entrate di avanzo della gestione, quale “risultato della gestione ordinaria”, si potrebbe opinare che non dovrebbero essere considerate le componenti non ordinarie del reddito, ossia le voci straordinarie del bilancio ed anche   le rettifiche di valore (voci D ed E del conto economico di cui all'art. 2425 C.C.).

 

Infine, al fine di individuare la quota parte dell'avanzo di gestione complessivo ritratto dalla società cooperativa ed astrattamente attribuibile ai soci a titolo di ristorno, occorre fare riferimento alla percentuale di prevalenza mutualistica, seguendo i criteri di calcolo contenuti nell'art. 2513 C.C.. La determinazione della prevalenza mutualistica è infatti essenziale ai fini del calcolo del ristorno, in quanto solo applicando (proporzionando) detto rapporto all'avanzo complessivo della gestione, così come prima individuato, si ha la precisa misura di quanta parte del reddito (ossia, della ricchezza)  prodotto dalla società cooperativa può essere legittimamente attribuito ai soci.

 

A tale riguardo, peraltro, si deve osservare che in presenza delle precondizioni dianzi specificate, il singolo socio non ha un diritto ad ottenere il ristorno; ma soltanto una possibile legittima aspettativa   che può essere disattesa, allorché si preveda di accantonare l'intero avanzo di gestione a riserva per far fronte a future esigenze e/o investimenti, ovvero concretizzata nel momento in cui l'assemblea dei soci, su proposta dell'organo amministrativo, deliberi positivamente in merito, determinandone altresì la misura e le modalità di attribuzione.

 

Dal punto di vista fiscale le somme che sono attribuite a titolo di ristorno sono deducibili dal reddito della società cooperativa e contabilmente possono essere sia dedotte mediante imputazione diretta al conto economico dell'esercizio di competenza, sia in alternativa mediante una variazione diminutiva del reddito imponibile (sempre avuto riguardo all'esercizio di competenza) considerando i medesimi ristorni come impiego degli utili (a tal proposito, si veda la circolare dell'Agenzia delle Entrate del 9 aprile 2008 nr. 35/E).

 

Indipendentemente dalla modalità di imputazione contabile del ristorno, ed in ossequio alla natura  del medesimo istituto che, come indicato sopra, rappresenta in ogni caso un maggiore costo dei beni o dei servizi conferiti dai soci ovvero un minore ricavo relativo ai beni od ai servizi ceduti o prestati ai soci, non rientrando mai nel concetto giuridico di utile di esercizio (anche se poi contabilmente è possibile rilevarlo in sede di destinazione dell'utile medesimo, dopo peraltro avere ottemperato alle destinazioni di legge), l'attribuzione del ristorno non è limitata (diversamente dalla distribuzione di utili) dall'esistenza di riserve non ancora integralmente ricostituite nella loro consistenza originaria a causa del loro utilizzo (parziale e/o totale) per la copertura di perdite di esercizio.

 

A tale riguardo occorre però precisare che sia l'organo amministrativo, prima, sia successivamente l'assemblea dei soci, avranno l'onere di valutare l'opportunità, in costanza di perdite pregresse, di privilegiare l'obiettivo primario di migliorare e rafforzare la situazione patrimoniale ed economica della cooperativa, nel medio e lungo termine, rinunciando alla possibile attribuzione del ristorno e favorendo il più generale interesse alla continuità del perseguimento dello scopo mutualistico.

 

Quanto, in ultimo, alle modalità concrete di attribuzione del ristorno, occorre precisare che le stesse sono determinate in linea generale dallo statuto sociale e normalmente dettagliate dal regolamento interno. In sintesi, le modalità tipiche sono: 1) erogazione diretta, mediante pagamento; 2) aumento della quota di capitale sociale od emissione di nuove azioni.

 

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a cura del dott. Gioacchino Dell'Olio